lunedì 22 maggio 2017
martedì 16 maggio 2017
Articolo su ABM
Grazie ai "Bellunesi nel mondo" per l'articolo che mi hanno dedicato. Un onore esserci dal momento che L’ABM conta circa 7.000 iscritti, sia in Provincia, sia in Italia, sia nel resto del mondo. Sono presenti nei seguenti Paesi: Austria, Belgio, Bosnia, Croazia, Francia, Germania, Lussemburgo, Olanda, Romania, Svizzera; Australia, Argentina, Brasile, Canada, Cile, Guatemala, Messico, Perù, Sud Africa, Uruguay, USA, Venezuela.
lunedì 15 maggio 2017
Recensione di Vincenzo Capodiferro
“COME
IMPRONTE NELLA NEVE”
Un
romanzo bellissimo, una voce verista che diventa denuncia sociale
della condizione degli ultimi
Il
6 maggio 2017 è stato presentato l’ultimo romanzo di Miriam
Ballerini, “Come impronte nella neve” editrice Kimerik, Patti
aprile 2017, presso la sala consiliare del Comune di Appiano Gentile.
«Cosa sarà, allora, questo libro? Un romanzo sulla violenza? Sulla
ricostruzione? Sulla speranza?» - introduce l’autrice - «Forse un
libro sull’amore. Fra uomini e donne, fra compagni di avventura,
rivolto alla natura, verso se stessi. Ecco! Amare se stessi, questo
il primo passo da compiere, per sfuggire alla violenza, per imprimere
il peso del primo mattone per ricostruirsi; per riuscire ad amare gli
altri». Miriam Ballerini scrive dall’età di dodici anni. Nel 2002
ha pubblicato il suo primo romanzo. Ha ricevuto vari riconoscimenti.
Tra le sue opere ricordiamo: “Il giardino dei maggiolini” (2002);
“Dietro il sorriso del clown” (2003); “La casa degli specchi”
(2004); “Bassa marea” (2005); “Fiori di serra” (2008);
“L’ultimo petalo” (2011); “Diario di una ragazza del sud”
(2015). «Il taxi si lasciò alle spalle la città e la pioggia. La
radio accesa starnazzava le notizie del giorno, nelle quali non
mancavano i vari attentati dinamitardi da pare dell’Isis. Solo il
mese prima avevano terrorizzato Parigi, uccidendo innumerevoli
persone innocenti. Il tassista indicò la radio con un dito: «Questi
non sono uomini, sono bestie». Zeljka sorrise amara: «Già»». La
protagonista di questo nuovo romanzo è proprio Zeljka, una ragazza
inerme, la quale si trova a fare i conti con il fenomeno sociale
dell’immigrazione, del razzismo, della fobia sociale inversa, cioè
rivolta all’altro, visto sempre come alieno. Come sottolinea una
nota sull’arte della Ballerini: «Non vi troverete storie di grandi
uomini, ma vite di persone normali; anche di chi è sotto la soglia
della normalità». Miriam trova ispirazione nella storia degli
ultimi, degli emarginati, dei carcerati, delle donne indifese. Anche
in questo caso «inevitabile è stata l’associazione con le storie
di donne maltrattate, stuprate, uccise, che troppo spesso riempiono i
nostri telegiornali». In questo senso la storia di Zeljka si
ricollega a quella di un “Diario di una ragazza del sud”.
Protagonista è sempre una donna indifesa, inerme, che deve far
fronte alla violenza, anche se poi tutta la trama non si conclude
necessariamente in femminicidio. La narrativa della Ballerini si
ricollega in qualche modo al filone del naturalismo francese e del
verismo italiano: è una narrativa legata al “fatto”, è una
narrativa sociale, attenta alle infime classi. Si inquadra in un tipo
di letteratura realista, quasi socialisteggiante, come quella delle
avanguardie. «Aveva saputo dell’arrivo di Zeljka, tutto il piccolo
paese lombardo parlava di lei, raccontavano di quanto fosse magra e
storpia. Aspettavano d’incontrarla per ricavarne chissà quale
succulento pettegolezzo. «Zeljka». «Sarà mica una “mussulnera”?».
Da quando c’erano stati gli attentati di Parigi, sua madre aveva
coniato un termine tutto suo per definire chi era di un’altra
religione». Emerge sempre una figura, che chiamiamo il “normale”.
Freud direbbe che c’è continuità tra “normale” ed “anormale”.
Ma qui emerge ancora un’altra figura, quella del “sub-normale”.
Questa si pone tra la figura del superuomo, o nietzschiano
“oltreuomo”, “ al di là del bene e del male” e quella del
sottuomo, o l’inetto, “al di qua del bene e del male”. Questa
figura del subnormale può essere ricollegata in parte all’inetto
sveviano, ma anche ai “vinti” verghiani, manzoniani e
pirandelliani. E perché no? Anche ai fanciullini pascoliani. Questa
è una nota caratteristica della poetica balleriniana. Tutti i
soggetti della letteratura sono figure particolari che emergono e di
solito c’è l’attenzione dell’intellettuale per quegli elementi
trascurati, emarginati, quali sono stati Zeno, Renzo e Lucia, Mattia
Pascal e tanti altri. Tale era il compito, ad esempio, dei letterati
“populisti” russi, i “narodniki”, dei nichilisti. La storia
di Zeljka, la protagonista del romanzo - non è horror, giallo o nero
o rosa -, ma si iscrive in questa mentalità svelante. La letteratura
ha a che fare con la verità, la dice anche in maniera figurata, ma
la dice: e la verità spesso fa male! Se non emerge una vittima di
femminicidio, si ha un altro femminicidio, fatto non di spargimenti
di sangue, di morti, ma di mortificazioni continue, di abbattimenti
psicologici. La denuncia sociale diviene molto più sottile: il
razzismo, il femminicidio si consuma nella quotidianità, diviene
martirio sociale. Nelle relazione tra la protagonista ed il suo
partner si consuma una violenza molto più violenta di una morte
cruenta. È una continua offesa, una continua demonizzazione: una
stregoneria senza roghi. Eppure «d’improvviso ci si trova in un
campo innevato, dove tutte le strade ed i segnali a noi noti sono
invisibili al nostro occhio. Eppure, basta compiere un passo per
lasciare un’orma nuova,» continua la nota sull’arte
balleriniana. Come profeta Miriam: «Non deve sempre finir male. Alla
tv sentiamo tante, troppe storie di donne uccise da chi asseriva di
amarle. Ma ci sono altre soluzioni, altre vie. Con questo romanzo ho
voluto dimostrare che la vita, finché c’è respiro, è ricca di
scelte, di opzioni. Inevitabilmente s’inciampa: si cade, ci si fa
male, ma finché il cuore batte ed i polmoni stantuffano nel petto,
c’è sempre un nuovo passo da camminare». La vita è come un
immenso campo di neve. Chiunque passa lascia le sue impronte. Queste
durano un po’, poi cambiano, vengono coperte. Sempre possiamo
cambiare, anche se c’è comunque il “male di vivere”: «era
il rivo strozzato che gorgoglia/ era l'incartocciarsi della foglia/
riarsa, era il cavallo stramazzato». Prima c’erano le ideologie,
adesso c’è la liquidità baumaniana. Eppure anche in questa
liquidità si creano sempre nuovi scogli. Riemergono i razzismi, i
nazionalismi, i paraventi degli “scontri tra civiltà”, delle
“guerre di religione”. Il nuovo “spettro che s’aggira per
l’Europa” non è il marxiano comunista, ma è il marziano
extracomunitario, è questo nuovo extraterrestre. Alla fine anche
Miriam fa prevalere Eros per risolvere i problemi sociali e non
Thanatos: non c’è bisogno di guerra, di aggressività, c’è
bisogno di pace, di amore per risolvere tutti i problemi ed … i
nuovi problemi che la storia ci pone. I vinti vengono redenti
nell’amore.
Vincenzo
Capodiferro
domenica 7 maggio 2017
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