Il primo è un racconto tratto da un fatto di cronaca:
Scrittori:
MARCO GUASTELLA
EMANUELA MATTIROLI
IVAN MERONI
"SCHIZOTRENIA"
Han uscì
dall’ascensore e, come tutte le sere, i suoi occhi si posarono sul seno
generoso della portinaia.
Uscì dalla porta
girevole e si trovò sotto il tipico acquazzone newyorkese. Dopo alcuni
tentativi andati a vuoto, aprì l’ombrello.
«Che tempo di merda!» imprecò.
Zigzagando fra le macchine incolonnate
attraversò la strada, con passo svelto; venne inghiottito, poco più in là,
dall’ingresso della metropolitana.
Sulla banchina Jhon sbraitava e roteava le
braccia, ostaggio delle proprie voci; nello spazio vuoto creatosi tra la folla.
Han, distratto dal pensiero della serata
piccante che lo attendeva, senza rendersene conto lo urtò, scaraventandolo a
terra.
«Coglione! Guarda dove vai!» urlò Jhon,
sputando saliva intorno.
«Scusa, non ti avevo visto», rispose automaticamente Han.
Jhon si alzò in piedi affrontandolo: «No,
il mio amico dice che tu sei uno di quelli che sta con “loro”».
Han, d’improvviso, si sentì d’aver
raggiunto il culmine per di quella lunga giornata: al mattino la lavata di capo
da parte del suo direttore; poi si era versato il caffè sulla camicia. La
pioggia, e ora quel matto farneticante. Lo fissò a denti scoperti: «Andate
all’inferno, tu e il tuo amico».
Jhon lo spinse, dicendo: «Stai lontano da
noi!»
Han finì sui binari sottostanti, di
schiena; la sua mente si annebbiò per il dolore lancinante della caduta. Cercò
di rialzarsi, disorientato e con addosso la stupida preoccupazione di aver
rotto il cellulare.
Nello stesso istante sentì vibrare le
rotaie sotto le scarpe. Con un grido muto si gettò addosso il muro della
banchina, afferrandosi con le braccia e dandogli la scalata.
La folla si riunì intorno al suo affannato
tentativo di salvarsi; mille visi si affacciarono, ma nessuna mano si tese.
Il passaggio del treno portò con sé la
lavata di capo da parte del suo direttore; la macchia di caffè sulla camicia,
la pioggia e l’ombrello che faceva cilecca.
Di questo incidente rimase una foto
scattata da un giornalista free lance, che immortalava Han con un braccio teso
verso la salvezza; oltre l’immobilità degli astanti.
Jhon uscì fischiettando dalla
stazione: aveva smesso di piovere.
Mi ricordo di Silvia Sala
Mi ricordo della sua mano
sulla mia testa ormai adulta.
Molto raccontava con la stretta sua,
forte e sincera.
Mi ricordo dei occhi scuri,
intensi, che ridevano
delle sue marachelle di bambino.
Mi ricordo delle sue disamine sportive
da condividere a
fine partita.
Mi ricordo del suo amore per
i fiori e i cani.
Mi ricordo dei nostri pomeriggi
d’autunno, in cerca di funghi.
Mi ricordo di un
intenso aroma di liquirizia,
dell’odore pungente della sua colonia;
del profumo di brioche appena sfornate.
Mi ricordo e non è solo un ricordo:
è un’immagine dipinta nella mia mente,
impressa nel mio cuore,
scolpita nella mia anima.
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