UNA
STORIA TRISTE
Se la guardavi
camminare per strada, lo sguardo triste, strano a volte perso , capivi che
forse non era proprio tutta lei. Alta, un po’ grossa, ben vestita, un viso che
a suo tempo doveva essere stato bello, ma che la vita con le sue cattiverie aveva stravolto, capovolgendone
le simmetrie e i contorni come in un capolavoro di Picasso. La sua andatura era
particolare, procedeva pendendo dal lato sinistro come se qualche forza oscura
l’ attirasse verso il terreno; il suo
incedere era irregolare, a volte lento
a volte frettoloso come se Carmen volesse o stesse sfuggendo da qualcosa.
Protetta dal suo cappotto color cammello, manufatto pregiato di alta sartoria,
il colletto di pelliccia in volpe
argentata, sfidava l’inverno triste e
il suo gelo sollevando al cielo il suo povero sguardo bambino. Parlava da sola,
spesso, sempre.Parlava e raccontava, raccontava e spiegava…… a se stessa, a
quello che dentro sentiva di essere, ma che non riusciva a liberare, a far esplodere! Entrava nel negozio del
salumiere, faceva la spesa. Per sé e per
l’anziana madre. «Due etti di cotto, non grasso se no la mamma mi
strozza!» diceva questo, ripetendo “mi strozza” ridendo sguaiatamente. Poi
iniziava a raccontare quello che aveva fatto la sera prima: guardato quiz
televisivi, Don Matteo, letto la sua rivista preferita. Iniziando ad elencare
al povero salumiere persino i dettagli della sua cena. Carmen era così , non
aveva filtri, a volte raccontava anche i più intimi particolari del suo
privato, ad esempio, quando prendeva la purga, si perdeva a descriverti i
dettagli della sua motilita’ intestinale! Tutto ciò contribuiva a metterla in
ridicolo, la gente spesso godeva
malignamente facendole domande
insidiose che lei non capiva e alla quale rispondeva con sproloqui di ogni
sorta. Molti la schernivano con battutacce o parole poco carine, lei rispondeva
con la sua allegra e innocente risata. Una risata che ti spezzava il cuore e ti
faceva cadere in una profonda malinconia. Carmen non capiva, o forse sì, spesso
quando ti guardava negli occhi, se stavi attento ,potevi leggerle nell’anima
come se questa fosse fatta di cristallo trasparente. Allora scoprivi quanto fosse
profondo il suo dolore e quanti tormenti stavano rinchiusi nel suo mondo
costruito minuziosamente alla rovescia. Potevi sentire gridare a gran voce la sua anima che urlava violenta
contro quel mondo cattivo che la rigettava come un aborto. Lei, innocente,
felice, viveva leggiadra, la mente bambina, i sensi a sfamare solo i bisogni
primari: mangiare, bere, dormire.Era quella la sua vita, tutta lì la sua
serenità. La sua vita fatta di poco o nulla: le riviste femminili, con gli
attori del cuore, le ricette di cucina, i programmi tv ai quali non poteva
proprio rinunciare.Quando era di luna dritta e serena con se stessa, veniva
presa dall’impeto di comprarsi un abito nuovo, allora non c’erano santi. Doveva
essere un vestito bello, costoso e del suo stilista preferito! Un vestito che
le facesse dimenticare il grigiume della sua esistenza. Carmen, quarantacinque
anni, ma la sua mente , il suo cuore,
fermi lì; fossilizzati, arenati all’età di otto. Otto. Era il numero che
faceva tremare Carmen, il suo spauracchio, un maledetto numero. Otto anni…
Quella sera la piccola Carmen era felice e spensierata tra le braccia del suo
adorato papà, avvinghiata a lui per sentirsi raccontare le favole della buona
notte. Il lettone comodo pieno zeppo di
cuscini e giocattoli , profumato di pulito
,le coperte morbide avvolgevano lei e il babbo, un bell’omone dallo
sguardo buono. Anche quella sera mamma era via per lavoro, la bimba si sentiva
fortunata ad averlo tutto per sé. Avevano letto fino a tardi storie di fate e
principesse. Poi ad un tratto papà aveva smesso di leggere. Si era
addormentato, Carmen felice abbracciata a lui era sprofondata nel sonno. Erano
rimasti così tutta la notte, abbracciati stretti. Al mattino la bimba si era
svegliata di soprassalto, impaurita, l’abbraccio una volta caldo era diventato
una morsa di ghiaccio. Sentiva il corpo gelido del padre,le braccia ancora
strette attorno al suo corpicino che non volevano lasciarla. Carmen aveva
capito che suo padre… era stato allora che aveva cominciato a urlare. Ancora
oggi Carmen urla al mondo il suo dolore che nessuno vuol comprendere.
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