giovedì 20 febbraio 2020

Recensione COME IMPRONTE NELLA NEVE a cura di Marcello Sgarbi


COME IMPRONTE NELLA NEVE  a cura di Marcello Sgarbi
Sarò anche campanilista ma, dopo avere presentato in questa serie di recensioni Massimo Del Viscio, che ho definito l’”Andrea Vitali di Appiano Gentile”,
non posso fare a meno di suggerirvi la lettura di un’altra illustre
e già affermata scrittrice appianese.
Titolare di una ormai nutrita bibliografia, costituita soprattutto da romanzi
di narrativa sociale quali Fiori di serra, ambientato nel carcere di Como,
Dietro il sorriso del clown, che ha per temi l’ansia e la depressione
o Bassa marea, dedicato a storie di vita borderline, in questo nuovo libro
si schiera ancora una volta dalla parte degli ultimi.
Zeljka, protagonista assoluta del racconto, fugge da una vita di dolori. Fisici,
- perché reduce da un grave incidente – ma soprattutto intimi, per il suo vissuto di frustrazioni e umiliazioni. Grazie all’amico Lorenzo, come lei veterinario,
ritrova nel casale battezzato “la tana” la sua identità di donna.
L’esperienza con Elia e Jacopo, con lo stesso Lorenzo e con Claudia,
una ragazzina che come lei – e per ragioni diverse – è in cerca di sé stessa,
portano Zeljka a condividere insieme a loro sia l’amore per gli animali,
sia per la natura. La cifra stilistica, precisa e insieme ricca di paragoni,
metafore e immagini antropomorfe, mi ha ricordato autori come Isabel Allende
o Gabriel Garcia Marquez. E gli echi poetici percepibili in diversi momenti
del racconto, così come nel percorso letterario di un altro grande – e trascurato -
scrittore lombardo quale Massimo Bontempelli, prima che con la prosa
sono la testimonianza della lunga e significativa frequentazione dell’autrice
con Euterpe. Come ci suggerisce in questo suo ultimo romanzo, il nostro vissuto
è simile alle impronte lasciate sulla neve. Destinato a svanire, ma non per questo meno autentico. E ancora ci dice: facciamo in modo che queste impronte
siano nitide, uniche e meravigliose. Perché la nostra vita sia ricordata,
tanto quanto questa splendida prova narrativa.

Non voleva ancora concedere all’entusiasmo di rendersi palese. Aveva paura di commettere il peccato di cercare un po’ di sollievo dal dolore; conosceva fin troppo bene quella verga che le calava a sorpresa sulle reni, proprio quando cominciava a manifestare la sua altezza di essere umano. Nella sua vita ogni cosa ottenuta le era costata una sferzata e per un po’, per qualche tempo ancora, non voleva pagare più lo scotto dell’aspettativa.
Faceva freddo, la luna galleggiava in quel calice di tenebre, vestita di nubi sfilacciate.
Zeljka sentì dentro di sé un tremito: un insetto munito d’elitre che presto avrebbe spiccato il volo.
Amare la vita è un dono. Quando ci si innamora delle sue varie forme si comprende che l’essere umano è solo una piccola goccia di un fiume che scorre e leviga. Senza quello smodato trasporto d’acqua, saremmo solo stille destinate a svaporare al primo sole.
Il tramonto era una pennellata di rosso sulle guance del cielo. Le nuvole parevano biscotti inzuppati in quel liquido ambrato.

Miriam Ballerini Come impronte sulla neve – (Editore Kimerik)

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