“Progetto” di Miriam Ballerini: scelta di vita e di scrittura come scelta di parte
Miriam Ballerini (Como, 28/10/1970) è autrice di romanzi a contenuto sociale, nonché di varie pubblicazioni in antologia ed è redattrice di InsubriaCritica.
Premiata in concorsi di narrativa e di poesia, ha ottenuto spesso piazzamenti da podio. Alcuni suoi testi sono tradotti e divulgati all’estero. Si occupa di scrittura creativa e ha un sito personale.
Progetto è il suo primo libro di poesie che prende il titolo dal componimento che apre la raccolta.
È la stessa autrice a introdurre il lettore, dichiarando di non reputarsi poetessa: la vocazione per la narrativa sociale è in lei predominante. Tuttavia – scrive – che vi sono storie “troppo grandi per la mia anima, troppo minime per crearne qualcosa di più, se non delle riflessioni incisive”.
Incisive, profonde, sentite e ben scritte, queste riflessioni, pagine di vita quotidiana, di vita interiore, che arrivano dirette al lettore, nitide e capaci di suscitare immediata partecipazione emotiva, ma non solo. Dopo l’eco iniziale che risale tra i ricordi e ci riporta alla stessa riflessione antica, dal mondo greco giunta sino a noi (dove la natura umana sembra ridursi a ben poco: “a volte sembriamo/ solo il misero fiato/ trattenuto in un palloncino” trova immediato confronto coi versi dei lirici greci) subito ogni immagine si fa sempre più prossima a noi.
L’autrice prende subito posizione: le sue scelte già le ha fatte, ma ogni volta le rinnova, conscia che la propria strada, pur la più difficile e solitaria, è la migliore che possa intraprendere per essere fedele al suo essere umana. Non esistono clandestini in questo mondo, che è in prestito e dove tutti siamo affittuari.
Lo sguardo spazia, indaga, va sempre oltre il mero dato sensibile, oltre il visibile, per porre domande, cercare risposte valide. A volte queste domande vengono rivolte direttamente a Dio, più spesso alla Natura (“A volte pare quasi/ che tu risponda”).
Lungi dall’aspettarsi qualcosa dagli altri, la voce lirica della raccolta cerca sempre di affrontare in modo propositivo, fattivo tutte le brutture e le storture che una perversa umanità ormai ben poco umana, produce nel mondo e tra i propri simili. Lo sguardo, quando indugia, lo fa sempre sui più deboli, sventurati, offesi e oltraggiati, reietti o abbandonati. Lo fa sull’essere umano e sul mondo animale, come su quello vegetale.
Registra con grande naturalezza il senso di depressione e di sconfitta di fronte al “teatrino delle vanità di poeti, scrittori, artisti” – dal quale, forse, “qualcuno si salva”.
Si deve scegliere da che parte stare, nel vivere e nello scrivere: “la scrittura non mente”, ma deve tenersi lontana da chi “si prostituisce atteggiandosi/ all’artista dei bla bla”.
I versi di Miriam Ballerini, anche e soprattutto quando ci parlano di silenzi, di urla strozzate e soffocate, ruggiscono. Nell’umiltà e nella sincerità. È un discorso coerente che si snoda tra le pagine, con la forza della determinazione e la dolcezza della sua profonda umanità.
Il suo viaggio nell’anima e il viaggio della sua anima sono anelito all’incontro di Dio e Natura, in Altitudine l’altezza della montagna, la sua ascesa è salita fisica e spirituale verso un piano dimensionale “superiore”: “Se c’è un luogo dove/ liberare preghiere, e qui”.
Il verso si alza contro gli “xenofobi in una terra/ di fratelli nati/ da molteplici placente”; urla lo sdegno con parole timide e delicate di chi è senza dimora sotto “stelle di cartone”.
È una vergogna la “gente/ che non ama la gente”. Dal silenzio dell’indifferenza sorge, allora, “un urlo reietto/ che si sa esprimere solo/ fra le righe di una poesia”. L’urlo si spegne soffocato nello sdegno e nella vergogna d’appartenere a un genere umano non più dotato d’umanità.
Belle, semplici e naturali le numerose immagini adottate, siano metafore o similitudini, tratte spesso dal mondo naturale, sentito come più genuino e più vicino alla vera natura umana. Bugie, sgambetti e invidie insidiano i rapporti interpersonali, mentre “la natura non è mai vile”.
A poco servono invidie e chiacchiere: mani, impegno e cuore sono tutto ciò che occorre per fare. La bontà per un solo giorno all’anno a cosa serve? L’ipocrisia è facilmente smascherata.
Miriam Ballerini esprime il suo patire insieme (la sua è com-passione profonda) alla Natura per l’insipienza, l’insignificanza, l’oltraggio al mondo, abbandonato all’inumana e quotidiana violazione.
È amore, pietà e dolore per ogni elemento che nel mondo è braccato, soffre e muore.
Forse dovremmo farci più prossimi alla semplicità, genuinità, purezza e libertà di un volo di libellula, allo sguardo umido di un occhio animale, al volo timido degli uccelli dietro striduli richiami.
Abbiamo molto da riflettere, grazie a una poesia fatta d’esperienza, di profonda conoscenza dell’umano pensare e agire, in quanto le azioni – opere e omissioni – con le loro conseguenze, hanno dato vita a quest’opera di altissima dignità umana e poetica, dove ogni volta che si rinnova l’accusa, la denuncia, non è il termine, ma l’inizio di un personale e sempre rinnovato impegno, che si fa verso, a tradurre la vita.
Written by Katia Debora Melis
Nessun commento:
Posta un commento