“L’ALTRO IO”
Romanzo dallo “sguardo tagliente verso la società” di Miriam Ballerini
Conosciamo Miriam Ballerini da anni, eppure non la conosciamo a fondo: sempre ci commuove con le sue opere di narrativa sociale sorprendenti ed autentiche. Nessuno può conoscere l’altro pienamente, come ci insegna stesso ella. Eppure, per descrivere la sua persona, brevemente prendiamo a prestito le medesime espressioni, tratte dal suo nuovo romanzo “L’altro io. Storia del mostro delle lacrime”, edito da Kimerik, nel 2023: «Per conoscere a fondo uno scrittore non si deve far caso alle parole che dice, ma a quelle che scrive. Immancabilmente, chi fa questo mestiere, si nasconde là: in mezzo alle righe, alle opinioni, ai sogni mancati. Miriam Ballerini scrive fin da quando era una ragazzina di dodici anni. Il primo romanzo lo scrive a quattordici; eppure, non ha mai pensato, allora, di fare da grande la scrittrice. Voleva diventare un veterinario e specializzarsi in erpetologia. Finora ha pubblicato nove romanzi, di cui due adottati come libri di testo nelle scuole superiori, una raccolta di poesie e un manuale di scrittura creativa, che ricalca le orme di un corso che ha tenuto per una scuola professionale. Ha ottenuto tanti riconoscimenti, alcuni così inaspettati e, proprio per questo, più preziosi». A volte è vero il contrario: nella scrittura lo scrittore si nasconde, sogna, proietta, rivive. Questo nascondimento è il mascheramento di Pirandello. Siamo maschere più o meno folli, al limite freudiano della normalità. Chi è quest’alter ego che sempre ci tormenta? I romanzi di Miriam hanno un lacerante taglio psicologico. L’alter ego sempre ci accompagna, perché in fondo il primo altro è proprio l’io. Dobbiamo sempre, volenti o nolenti, confrontarci con noi stessi. Siamo sempre davanti a noi, come uno specchio, che, se anche venisse frantumato in mille pezzi, ogni minimo brandello rifletterebbe la propria immagine. E il nostro io è, prendendo a prestito un’espressione dei mistici tedeschi, un “abisso di volontà che confina con l’Assoluto”. In questo infinito oceano, ove con leopardiana memoria, è “dolce naufragar”, c’è una parte più chiara ed una più oscura, una radice del male. Ognuno di noi in fondo è tigre-gazzella, come nell’immagine di Miriam. Uccidendo l’altro uccidiamo noi stessi. Ogni omicidio è di per sé suicidio e non solo il contrario. L’abisso della nostra volontà ha un fondo malvagio, non la Volontà dell’Assoluto, come credeva Schelling. Senza scomodare Freud: siamo degli iceberg, la cui parte maggiore è sepolta sotto l’onda di tale abisso. Chi è l’altro io? Ognuno di noi! Risponde: «Di sicuro l’altro io è anche uno sguardo tagliente sulla nostra società. Dove ogni angolo voltato nasconde una sorpresa. O, perché no, potresti essere proprio tu. Tu che stai col naso infilato fra queste righe, pensando: “Ma che accidenti sta blaterando?”».
Tutta la trama del romanzo parte da un caso:
«Il PM alzò la voce. «Come si dichiara?»
«Colpevole».
«Lucas Comaschi è lei l’omicida di queste quattro ragazze e l’aggressore delle altre due?» gli mise davanti le fotografie delle donne uccise e delle due superstiti, snocciolandone i nomi.
«Sì». Non le degnò di uno sguardo».
È uno dei tanti casi di serial killer. La storia di Lucas, deuteragonista del romanzo ci è raccontata dalla vera protagonista: la giornalista Nicla. Nicla è l’alter ego di Miriam, attenta sempre alle esigenze sociali. Nicla si dedica da tempo a seguire tutti i casi di omicidio attribuiti a Lucas e scrive un libro su tutte le vicende legate al serial killer. Si reca più volte nelle carceri ad intervistarlo, sente i parenti delle vittime. Il libro è uno specchio della nostra società: sono riportati personaggi e scene comuni. Tra vittima e carnefice si instaura spesso uno strano rapporto: è lo stesso rapporto di Eros che si configura in Thanatos. La narrativa balleriniana segue il canone naturalistico e quasi neo-positivista, che già aveva caratterizzato le esperienze di un Zola. C’è una venatura di verismo, tutto italiano, di un pessimismo di fondo. Come guarire il male dell’universo? Il male cova nel mondo spirituale e si riflette in quello materiale. Il tema del male sociale va ricollegato inevitabilmente al problema della teodicea: Si Deus est unde malum, si non est unde bonum? Anche in questo romanzo la scrittrice, sempre attenta alle problematiche sociale e psicologiche, cerca di esprimere la realtà in modo oggettivo e impersonale, lasciando la parola al fatto stesso e mettendo in evidenza il degrado e le ingiustizie sociali, senza voler esprimere un giudizio morale a carico degli operatori di iniquità. Spesso i carnefici sono più vittime del male che le stesse vittime. E per quanto si possano ricercare le radici di questo male sociale, nei tralci del determinismo psichico, ci si accorge che esiste anche una trascendenza spirituale dello stesso “male di vivere”. La stessa esistenza è un male, diceva Kierkegaard. Siamo tutti impastati di questa parte oscura, che si manifesta più o meno chiaramente in ogni psiche. La serialità trova spunto nel meccanismo di aggressività primitiva che caratterizzava l’essere animale primitivo nel suo atavico problema di sopravvivenza, di oralità divorante. Curando il male sociale si cura anche quello individuale: questo è il messaggio profondo che Miriam vuole comunicarci.
Vincenzo Capodiferro
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