Miriam Ballerini
Progetto
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Ho poca dimestichezza con il territorio della poesia, mi ci muovo disorientato come un rallysta senza il suo navigatore. Ed è forse questo il motivo per cui sono riuscito ad apprezzare i versi di Miriam Ballerini, la tenutaria di questo blog.
Perché il suo poetare è fatto di immagini semplici e immediate, comprensibili a tutti, osservate con uno sguardo attento al dettaglio ed evocate con tono lieve.
Miriam ci fa vedere quello che scrive e ci coinvolge. Tanto da oltrepassare i limiti imposti dalla pagina per farci provare una commozione sincera, così come ribadisce lei stessa nell’esergo che segue la sua introduzione a questa raccolta, mutuato dallo scrittore Nicholas Sparks: “La poesia non è stata scritta per essere analizzata. Deve ispirarci al di là della ragione, deve commuoverci al di là della comprensione”.
Nella metrica dell’autrice brillano i paragoni e le metafore, quasi sempre legati al mondo della natura, presente molto spesso insieme alle tematiche sociali anche nei suoi racconti e nei suoi romanzi.
Come nella poesia La strada, dove “La tastiera di un pianoforte fa da ponte a una vecchina che attraversa appesa alla borsa”. Sembra di assistere alla scena. E notare il passo lento della donna, così stanco da suscitare un paradosso visivo: è lei ad appendersi alla borsa, non il contrario.
Le similitudini di Progetto, il componimento che dà il titolo alla raccolta, insieme a Come stelo mi ricordano l’antologia di prosa e poesia Come fiori sul ciglio della strada: “O forse siamo girasoli mancati,/coi petali a coprirci lo sguardo,/ che rasenta l’imperfetto del suolo,/anziché spingersi/in alto, a guardia del tuo sguardo?”.
A volte si fanno pittoriche, per esempio quando Miriam scrive: “Lecco il gusto/cioccolato fondente/ della notte./Un lampione piange giallognolo,/tratteggiando il volo nero dei pipistrelli”. E a me sembra di contemplare i contrasti stridenti delle opere vangoghiane Caffè di notte e Campo di grano con volo di corvi.
Le metafore offrono immagini inedite, in particolare nella poesia Papaveri e ancora di più in Cosa rimane, in cui la speranza viene definita un gelato al sole che cola troppo presto su una cialda dolce, ma subito amara, perché finisce, sfinendo la lingua che ancora cerca un gusto scomparso.
Oppure suscitano impressioni uditive, come in Vento: “Uno schianto d’elica/rompe il mosaico del cielo,/intessuto dai voli sottili,/d’ali di passero”. E più avanti: “Mentre uno struscio di foglia,/rinsecchita e rugosa,/ si trascina sulla strada sottostante./E rende sonoro il vento che turbina, fuori e dentro di me”.
Dalla pittura alla letteratura, Nuovo anno provoca rimandi al Diario di Katherine Mansfield ed Eremita a Il barone rampante di Italo Calvino: “La natura non è mai vile/e niente temo nel grembo/della mia capanna sull’albero,/lontana dai tranelli/di un mondo che non oso/più riconoscere come mia patria”.
O ancora sembra echeggiare Dickens, come in Stelle di cartone, dove risplende un’altra metafora: “Se nevicherà avrò almeno una coperta./Candida panna con la quale guarnire/la mia torta al sapore di nulla”.
E non si può non pensare a De André con le poesie dedicate agli ultimi, fra cui spiccano per il loro afflato di umanità Un viaggio senza speranza, L’urlo e Rumeno.
Di umanità, con le sue tensioni e le sue contraddizioni, a volte addirittura disperata, alla deriva, parlano Vuoti a rendere e Matrioska, ma soprattutto Delusione e Clandestini. In Delusione Miriam scrive: “Quante volte ho poggiato su braccia sbagliate,/la mia fiducia; donata vestita a festa,/tornava a casa violata,/a cenci sdrucita./I falsi amici sono come i rifiuti,/ in un bosco,/gli alberi pare respirino,/ma la sporcizia/soffoca il terreno.
E in Clandestini: “Nessuno può impadronirsi/di un mondo in prestito./Siamo affittuari, casomai;/pedine poste a caso/su una scacchiera dove/ogni giorno/la partita cambia giocatori”. In Uomo? L’autrice si spinge a provocare, prendendo a prestito l’undicesimo comandamento, quello non scritto sulle Tavole della Legge ma portato da Gesù con il Nuovo Testamento: “Ama il prossimo tuo come te stesso. Ti ami?”.
L’attenzione di Miriam Ballerini verso la persona, il rispetto per la sua identità e la sua dignità, sono del resto ribaditi anche nella postfazione alla raccolta: “Alla fine è sempre e solo una la parola che ci lega: umanità. Siamo tutti umani, ognuno con le nostre differenze a farci unici e speciali”.
E non può mancare un tributo al proprio mestiere, come si legge in Pensieri vanesi: “Perché la scrittura non mente./Si avvinghia ai fogli e si dà vergine/ a chiunque la voglia leggere./ Non si prostituisce atteggiandosi/all’artista dei bla bla bla”.
Progetto è una prova d’autore matura, che conferma il talento versatile di Miriam Ballerini.
© Marcello Sgarbi
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