mercoledì 11 maggio 2016

RACCONTI DEL CORSO ON LINE 2015-2016

                   
    UNA  STORIA  TRISTE

Se la guardavi camminare per strada, lo sguardo triste, strano a volte perso , capivi che forse non era proprio tutta lei. Alta, un po’ grossa, ben vestita, un viso che a suo tempo doveva essere stato bello, ma che la vita con le sue  cattiverie aveva stravolto, capovolgendone le simmetrie e i contorni come in un capolavoro di Picasso. La sua andatura era particolare, procedeva pendendo dal lato sinistro come se qualche forza oscura l’  attirasse verso il terreno; il suo incedere era  irregolare, a volte lento a volte frettoloso come se Carmen volesse o stesse sfuggendo da qualcosa. Protetta dal suo cappotto color cammello, manufatto pregiato di alta sartoria, il colletto di pelliccia  in volpe argentata, sfidava  l’inverno triste e il suo gelo sollevando al cielo il suo povero sguardo bambino. Parlava da sola, spesso, sempre.Parlava e raccontava, raccontava e spiegava…… a se stessa, a quello che dentro sentiva di essere, ma che non riusciva a liberare, a far  esplodere! Entrava nel negozio del salumiere, faceva la spesa. Per sé e per  l’anziana madre. «Due etti di cotto, non grasso se no la mamma mi strozza!» diceva questo, ripetendo “mi strozza” ridendo sguaiatamente. Poi iniziava a raccontare quello che aveva fatto la sera prima: guardato quiz televisivi, Don Matteo, letto la sua rivista preferita. Iniziando ad elencare al povero salumiere persino i dettagli della sua cena. Carmen era così , non aveva filtri, a volte raccontava anche i più intimi particolari del suo privato, ad esempio, quando prendeva la purga, si perdeva a descriverti i dettagli della sua motilita’ intestinale! Tutto ciò contribuiva a metterla in ridicolo,  la gente spesso godeva malignamente  facendole domande insidiose che lei non capiva e alla quale rispondeva con sproloqui di ogni sorta. Molti la schernivano con battutacce o parole poco carine, lei rispondeva con la sua allegra e innocente risata. Una risata che ti spezzava il cuore e ti faceva cadere in una profonda malinconia. Carmen non capiva, o forse sì, spesso quando ti guardava negli occhi, se stavi attento ,potevi leggerle nell’anima come se questa fosse fatta di cristallo trasparente. Allora scoprivi quanto fosse profondo il suo dolore e quanti tormenti stavano rinchiusi nel suo mondo costruito minuziosamente alla rovescia. Potevi sentire gridare  a gran voce la sua anima che urlava violenta contro quel mondo cattivo che la rigettava come un aborto. Lei, innocente, felice, viveva leggiadra, la mente bambina, i sensi a sfamare solo i bisogni primari: mangiare, bere, dormire.Era quella la sua vita, tutta lì la sua serenità. La sua vita fatta di poco o nulla: le riviste femminili, con gli attori del cuore, le ricette di cucina, i programmi tv ai quali non poteva proprio rinunciare.Quando era di luna dritta e serena con se stessa, veniva presa dall’impeto di comprarsi un abito nuovo, allora non c’erano santi. Doveva essere un vestito bello, costoso e del suo stilista preferito! Un vestito che le facesse dimenticare il grigiume della sua esistenza. Carmen, quarantacinque anni, ma la sua mente , il suo cuore,  fermi lì; fossilizzati, arenati all’età di otto. Otto. Era il numero che faceva tremare Carmen, il suo spauracchio, un maledetto numero. Otto anni… Quella sera la piccola Carmen era felice e spensierata tra le braccia del suo adorato papà, avvinghiata a lui per sentirsi raccontare le favole della buona notte. Il lettone comodo  pieno zeppo di cuscini e giocattoli , profumato di pulito  ,le coperte morbide avvolgevano lei e il babbo, un bell’omone dallo sguardo buono. Anche quella sera mamma era via per lavoro, la bimba si sentiva fortunata ad averlo tutto per sé. Avevano letto fino a tardi storie di fate e principesse. Poi ad un tratto papà aveva smesso di leggere. Si era addormentato, Carmen felice abbracciata a lui era sprofondata nel sonno. Erano rimasti così tutta la notte, abbracciati stretti. Al mattino la bimba si era svegliata di soprassalto, impaurita, l’abbraccio una volta caldo era diventato una morsa di ghiaccio. Sentiva il corpo gelido del padre,le braccia ancora strette attorno al suo corpicino che non volevano lasciarla. Carmen aveva capito che suo padre… era stato allora che aveva cominciato a urlare. Ancora oggi Carmen urla al mondo il suo dolore che nessuno vuol comprendere.


Michela Russo Rusconi

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