venerdì 20 ottobre 2017

Recensione su Le nuove pagine

COME IMPRONTE NELLA NEVE – MIRIAM BALLERINI

Come impronte nella neve di Miriam Ballerini, Editrice Kimerik, è un romanzo scritto in modo sobrio ed elegante e pur raccontando una storia che spesso viviamo nel quotidiano leggendo o ascoltando i mass media, come storie di separazioni, di divorzi, di femminicidio, è un racconto memorabile. L’autrice, nella scelta del titolo, lega questo racconto all’incantesimo della neve, alle impronte effimere che inevitabilmente ognuno lascia passando sopra e che, dopo una nuova nevicata, potrebbero essere coperte e cancellate o ancora peggio, con l’aumento della temperatura, sciogliendosi, si perderebbe ogni loro traccia, ma nell’uno o nell’altro caso solo il ricordo potrebbe essere tenuto in vita dall’immaginazione e conservato nella nostra memoria, così come spesso rimane nei nostri pensieri e nel nostro cuore l’impronta di chi ci ha segnato nel bene o nel male. Essere coinvolti dal gioco a nascondino che fa la neve significa assistere al riemergere dei buchi quando essa si scioglie allo stesso modo di quando finiscono le nostre illusioni e la realtà ci si presenta nuda per quella che è. Non a caso la trama del romanzo, per metà del racconto, si svolge nel periodo invernale, quando la neve imbianca e nasconde tutto e il silenzio, come d’incanto, avvolge la natura, gli uomini e gli animali. La realtà è meno movimentata ma si srotola in maniera più viva, più vera, più raccolta, più partecipata, così com’è Zeljka, personaggio che l’autrice, in primis, presenta come un soggetto che non si sa bene se non abbia superato la crisi del settimo anno di matrimonio (uno dei cosiddetti cicli “Sufi”) o se, invece, la crisi sia nata in seguito a un incidente automobilistico, che l’ha resa invalida, cioè zoppa, situazione alla quale il marito Christian si è aggrappato per chiedere la separazione. Zeljka è una figura forte, sicura e stimata, gode dell’amicizia di Lorenzo che le offre la gestione della sua fattoria di campagna, “la tana”, così la chiamano. Si badi bene però di non considerarla un “refugium peccatorum” o un tugurio, tutt’altro. L’autrice si cimenta in una forbita descrizione della quotidianità della nuova vita di Zeljka, che al lettore viene facile leggere e difficile rinviarne la lettura, in quanto brani di vita che oggi accomuna molta gente che un tempo credeva essere sfortunata. Miriam, fa apparire il disappunto che vive il personaggio della narrativa come punto di partenza di un sicuro riscatto, basato su principi veri, mai venuti meno in seguito ad esperienze negative, ma che si sono invece rafforzati ed è da individuare nella mancanza di questi valori la nascita delle crisi dei rapporti umani. Zeljka appare come la protagonista sicura, come quel giorno che chiamò un taxi in modo deciso per lasciare la casa dove aveva vissuto per tanto tempo, ma dai pensieri attraversati da timori ed incertezze, facendola apparire soggetto debole tanto da conquistare l’attenzione dell’Autrice che, invece, la descrive come soggetto forte, nonostante la lesione fisica.
«Il taxi si arrestò davanti al casale: il cancello era aperto, sorretto da due colonne di pietra. “Arrivati”, disse il tassista. Appena la donna scese dall’auto, si spalancò una finestra al piano superiore, Lorenzo si affacciò, salutandola con la mano: Scendo subito!»
È questa la nuova strada per Zeljka, anche se la neve nasconde tutto in modo candido, è in questo luogo, in questa natura agreste che la narrativa della Ballerini diventa neorealismo, con la giusta pretesa di estrapolare verità locali ed inserirle in un circuito più ampio, dove si muove l’esile figura di Zeljka che, grazie all’aiuto dei due lavoranti, Jacopo ed Elia, possenti, muscolosi, molto generosi e rispettosi del suo stato fisico, fanno venir fuori una Zeljka, maestra di vita non solo verso Claudia, la sedicenne nipote del proprietario Lorenzo, giunta alla “tana” per una pausa di riflessione voluta e richiesta dai genitori, ma verso tutto ciò che la circonda. Quando Zeljka viene collocata fuori dalla “tana”, in una realtà sociale molto curiosa, appare una nota di verismo, specie quando nel paese la indicano come storpia e magra o addirittura una specie di musulmana. In questo luogo l’ambiente femminile si rivela, in modo stridente, per l’uso di aggettivi poco gradevoli, non certo rispettosi di affermazioni ideologiche ma di sicuro, invece, spiegano l’imbarazzo della gente di quella dimora a comprendere le difficoltà umane, cosa disgustosa che mette in evidenza la morale dell’apparire, rappresentata abilmente dall’autrice, senza mai interferire. Zeljka riusciva a comunicare anche con gli animali della fattoria, in quanto appassionata di veterinaria e assistente di Christian, suo marito, veterinario di professione, riuscendo a cambiare anche il carattere di Claudia non solo verso le persone ma anche verso quelle creature inferiori che Lorenzo aveva ospitato e che al primo impatto le facevano schifo, sognava spesso, anche ad occhi aperti, tutte le umiliazioni domestiche subite e la terribile frase del marito di non sopportare più di stare con una storpia. Elia, gigante buono, sincero e schietto, capì, meglio degli altri, la ferita di Zeljka, riuscì a comprendere il suo stato di crisi e tenere quell’anima frammentata, quanto più unita possibile. Qui l’autrice mette in evidenza, con molta abilità, una donna martoriata da un marito predominante e autoritario che consumava, al riparo delle quattro mura domestiche, un femminicidio in modo legale e che, psicologicamente, aveva distrutto Zeljka. Il racconto di Miriam Ballerini non si adagia nell’abbandono del soggetto principale al primo personaggio consolatore che si presenta e alla felice conclusione riparatrice di un amore infranto, l’autrice depone l’autenticità di tutti i personaggi del romanzo sopra un piatto di valori veri, che non hanno più legami col triste passato che aveva attraversato l’esistenza di ognuno. L’amicizia, l’amore e l’autenticità adesso si collocano nella motivazione che ognuno aspira a realizzare per affermare la propria verità. L’autrice ce li presenta autonomi nei bisogni materiali, con tutti i desideri di realizzazione ed affermazione che ognuno vorrebbe raggiungere per la sicurezza esistenziale, infatti sembra che i personaggi eseguano il ballo dei valori, sia in positivo che in negativo ed è per questo che il lettore si accorge di avere incontrato e conosciuto da sempre, questi personaggi, come Jacopo innamorato di Zeljka, Elia e la sua schiettezza, Claudia con la sua sincerità oppure il senso di vera amicizia di Lorenzo e, perché no, la malvagità di Christian:
«Si guardò le mani e si accorse che la rosa era caduta a terra: la raccolse, la soppesò. Con una scudisciata improvvisa colpì Zeljka al viso. I petali si separarono, cadendo come gocce di sangue sul portico. La donna emise un piccolo grido, tanto bastò perché Jacopo aprisse la porta e saltasse addosso a Christian. I due uomini rotolarono a terra colpendosi.
Io ti ammazzo! sbraitò Christian, spandendo saliva come un cane idrofobo. E poi ammazzo anche te puttana!…Elia lo sollevò per la camicia: ora fai il bravo bambino e te ne  torni da dove sei venuto. Ammazzo anche te ! Certo. Intanto appoggi le chiappe sul sedile della tua macchina e sparisci.»
Atteggiamenti che alzarono intorno a Zeljka un muro di solidarietà, creando una sinergia notevole fra tutti i partecipanti alla vita della “tana”. L’autrice descrive ogni esperienza del gruppo con tutti i particolari, con una trama brillante che, solo a conclusione del libro, diventa rivelatrice di una storia che si afferma per avere saputo lasciare indietro un dramma che preannunciava una tragedia.
Infatti, chiamato a miglior vita, scompare Lorenzo, il benefattore, il tutore di Zeljka, lo zio di Claudia, il datore di lavoro di Jacopo ed Elia. Cosa ne sarà adesso, accadrà l’irreparabile? Chi fermerà la mano violenta di Christian?
«La neve aveva continuato nel suo instancabile lavoro, tappezzando alacre ogni angolo raggiungibile»
Il lettore leggendo e scrutando potrà così osservare le orme lasciate da Zeljka sulla neve e capire lo sforzo e la bravura dell’autrice di non banalizzare il crimine che nasce, in modo essenziale, solo dalla presenza del genere femminile e che la violenza su di essa non può essere considerata un fatto privato.

Come impronte nella neve
Miriam BalleriniKimerik, 2017Pagine 290Prezzo € 19,00Ebook € 9,00

Nessun commento: